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> Maggio 2011 <

2 giugno - Festa della Repubblica
al Museo Audiovisivo della Resistenza di Fosdinovo


Visite guidate all'installazione, pranzo tricolore e un video dedicato a Paolino Ranieri. Giovedì 2 giugno, nell’ambito delle celebrazioni della Festa della Repubblica e dell’undicesimo anno d’inaugurazione del Museo Audiovisivo della Resistenza, è in programma una giornata straordinaria al Museo Audiovisivo della Resistenza di Fosdinovo (MS). In questo simbolico e particolare incrocio di date, il Museo vuole ricordare la figura di Paolino Ranieri con la proiezione di un video, in parte inedito o poco noto. Il 3 giugno segna infatti il primo anno senza Paolino Ranieri, ideatore ed infaticabile sostenitore del Museo. Questo il programma. Apertura del Museo alle 10,30 con visite guidate alla video installazione. Alle 11,30 proiezione del video dedicato a Paolino. Dalle 12,30 "pranzo tricolore", in un mix simbolico di sapori italiani e di Lunigiana. Il Museo resterà, come di consueto, aperto alle visite fino alle alle 18,30. Il montaggio video è curato da Maurizio Fiorillo, storico e studioso della Resistenza in Lunigiana, già membro del comitato scientifico del Museo. Informazioni e prenotazioni: 0187.680014 - 3207798942 - www.museodellaresistenza.it - info@museodellaresistenza.it

Staff Museo Audiovisivo della Resistenza - stampa@museodellaresistenza.it

PAOLINO RANIERI (1912-2010) Paolino Ranieri nasce nel settembre del 1912 a Sarzana, cittadina con forti tradizioni democratiche (mazziniane prima e poi socialiste). Di famiglia modesta, studia fino alla quinta elementare e in seguito è mandato come garzone nel negozio di barbiere di uno zio. Con la marcia su Roma dell’ottobre del 1922, i fascisti prendono il potere in Italia e spadroneggiano anche a Sarzana, che ancora nel ’21, con i “fatti di Sarzana” si era opposta con coraggio alle squadre d’azione fasciste. Un’istintiva insofferenza per le piccole e grandi prepotenze dei fascisti, che nei primi anni del regime tengono sotto stretto controllo Sarzana e tutta la bassa Val di Magra, considerata zona “rossa” e non completamente domata, spinge Ranieri ad assumere atteggiamenti antifascisti. Viene perciò avvicinato dall’organizzazione clandestina comunista, l’unica che nella zona sia rimasta attiva dopo lo scioglimento dei partiti e che svolga ancora attività di proselitismo e di propaganda. Verso la fine del 1932, Ranieri entra nell’organizzazione clandestina comunista e svolge attività di propaganda, contribuendo a diffondere la stampa antifascista. Nel 1936, con lo scoppio della guerra civile in Spagna, che fin da subito vede l’intervento militare dell’Italia fascista al fianco dei militari rivoltosi capitanati da Francisco Franco, l’attività dei comunisti della Val di Magra s’intensifica. La parola d’ordine del Partito Comunista clandestino per i militanti è di entrare nelle organizzazioni fasciste (dopolavoro, sindacati, ecc.) per minarle dall’interno e di intensificare la propaganda antifascista e il reclutamento tra i giovani. Il rischio di essere scoperti aumenta proporzionalmente, e infatti nell’aprile del 1937, Paolino Ranieri e molti dei principali militanti comunisti della bassa Val di Magra sono arrestati per colpa di alcuni giovani informatori che si erano infiltrati nell’organizzazione clandestina. Nel 1938 Ranieri è processato insieme agli altri arrestati dal Tribunale Speciale fascista e condannato a 4 anni di reclusione (sono condannati alla stessa pena anche altri due sarzanesi, Anelito Barontini e Dario Montarese). Inviato nel reclusorio di Fossano (provincia di Cuneo), è incarcerato insieme ad altri antifascisti e comunisti (citiamo Almo Bertolini di Carrara, Luigi Leris e lo stesso Anelito Barontini). Negli anni della prigione, Paolino Ranieri impara dagli altri detenuti (“l’università del carcere”) nozioni di storia, politica, economia, lingue, marxismo e diventa, da generico antifascista qual era fino a quel momento, un vero e proprio comunista ortodosso. Nel 1940, un anno prima della fine della sua condanna, Ranieri è rilasciato a seguito di un’amnistia per la nascita del figlio dell’erede al trono Umberto e, seppure in libertà vigilata, può tornare a Sarzana. Alla caduta del fascismo (25 luglio 1943), Ranieri è tra i principali organizzatori della manifestazione antifascista che si svolge a Sarzana il 26 luglio. Il corteo, seppure con momenti di tensione, si svolge pacificamente, mentre in un’analoga manifestazione che si svolgerà alla Spezia alcuni giorni più tardi la polizia e i militi uccideranno due persone. Il 9 settembre 1943, mentre i tedeschi assumono senza quasi incontrare resistenza il controllo della provincia della Spezia, Paolino Ranieri ed altri antifascisti sarzanesi si nascondono sulle vicine colline del fosdinovese per sottrarsi alle prevedibili vendette fasciste e per organizzare una qualche forma di resistenza. I primi mesi “ai monti” sono molto difficili: Barontini, Ranieri, Montarese ed altri riescono a creare piccole squadre partigiane, formate soprattutto da giovani di Sarzana, Arcola, S.Stefano Magra, ma mancano armi ed esperienze ed è quasi impossibile compiere azioni che vadano oltre al sabotaggio ed alcuni attentati ad esponenti della Repubblica di Salò. Nel gennaio 1944 i ribelli “sarzanesi” oltrepassano il Magra e si portano nel comune di Tresana, dividendosi poi in gruppi che si porteranno nella Lunigiana interna, di nuovo sulle colline del fosdinovese e persino in provincia di Parma. Paolino Ranieri guida un primo gruppo di partigiani nella zona del Passo di Cento Croci in Val di Taro (Parma), sull’Appennino tosco-emiliano, ritenuto terreno favorevole per la guerriglia, ma i partigiani sono subito individuati dai fascisti e, dopo aver rischiato la cattura, sono costretti a ritornare in Val di Magra. Un secondo tentativo di spostarsi sull’Appennino parmense porta Ranieri, con un numero maggiore di uomini e finalmente con un discreto numero di armi, nella zona di Valmozzola in Val Taro, dove i partigiani spezzini si uniscono al gruppo ribelle “Betti” e Ranieri (nome di battaglia “Andrea”), assume l’incarico di commissario politico. Dopo una clamorosa e sanguinosa azione del gruppo “Betti” contro il treno La Spezia-Parma presso la stazione di Valmozzola (metà marzo 1944), a cui segue un rastrellamento ed una dura rappresaglia fascista, i partigiani spezzini sono costretti a spostarsi nel piacentino e poi in Val Ceno, sempre sull’Appennino parmense. Nel giugno del 1944, mentre gli alleati entrano a Roma e la guerriglia partigiana esplode in tutta Italia, i partigiani spezzini, entrati a far parte della Brigata Garibaldi “Parma”, partecipano alla liberazione della Val di Ceno, occupando il paese di Bardi e costringendo alla resa il locale presidio fascista. La “zona libera” della Val di Ceno, come quella della vicina Val di Taro, saranno spazzate via a metà luglio del 1944 da un grande rastrellamento tedesco, ma già all’inizio di luglio del 1944 Ranieri ed i partigiani spezzini (ormai un grosso distaccamento con una settantina di uomini ben armati) “tornano a casa” sulle colline sarzanesi e fosdinovesi per prendere parte alla liberazione della Val di Magra, da tutti ritenuta prossima. Nell’agosto del 1944 il gruppo di Ranieri, insieme a molti altri distaccamenti partigiani della Val di Magra e delle Apuane, entra a far parte della II Brigata Lunense sotto il comando del maggiore Contri, ma dopo il rastrellamento di fine agosto nella zona della Apuane, che porta al temporaneo sbandamento della II Lunense, Ranieri spinge affinchè i partigiani della bassa Val di Magra (sarzanesi, arcolani, santostefanini, ecc.) formino una loro brigata autonoma. Il 19 settembre 1944 nasce dunque la Brigata Garibaldi “U.Muccini” “Ligure” (così chiamata perché legata formalmente al CLN spezzino e alla I Divisione Liguria) con al comando Piero Galantini “Federico” e Dario Montarese “Brichè” come commissario politico. Paolino Ranieri è però l’ “eminenza grigia” della formazione, anche perché nominato dal partito Ispettore di tutte le formazioni partigiane comuniste locali. Tra il settembre e la fine del novembre del 1944 la Brigata “Muccini” tiene continuamente sotto pressione i fascisti locali, uccidendone letteramente decine in combattimenti in campo aperto, imboscate ed attentati ed arrivando persino ad occupare militarmente per alcune ore Sarzana, interrompendo la statale Aurelia. La brigata agisce anche contro i tedeschi e rifiuta la “tregua” da essi offerta all’inizio del novembre. Alla fine del novembre del 1944, durante un grande rastrellamento concentrico attuato dai tedeschi e fascisti in tutta la zona delle Apuane e della bassa Lunigiana (“Operazione Catilina”) la brigata “Muccini” è sottoposta ad un’insopportabile pressione militare e, dopo un giorno di accanita resistenza, deve ripiegare verso le Apuane. La mancanza di cibo e munizioni, la demoralizzazione degli uomini e la perdurante presenza di truppe tedesche nella zona spingeranno il comando della Muccini a decidere l’attraversamento del fronte della Linea Gotica e, di fatto, lo scioglimento della brigata. Mentre la maggior parte dei partigiani della brigata, compreso il comandante “Federico”, passano il fronte in una zona poco controllata a sud del Monte Altissimo, Paolino Ranieri insieme al vicecomandante Flavio Bertone “Walter” e a pochissimi altri partigiani rimane nella zona per prendersi cura dei feriti. Il 13 dicembre 1944, Ranieri, sceso in pianura nelle vicinanze di Sarzana per procurarsi dei medicinali, è catturato, insieme ad altri partigiani, da una pattuglia della Brigata Nera e ferito ad entrambe le gambe durante un tentativo di fuga. Riconosciuto dai fascisti come un importante “capo” partigiano, Ranieri è trasferito alla Spezia nella caserma del XXI Fanteria, diventata una prigione, e lasciato senza cure. Nonostante l’inizio di cancrena ad una gamba, Ranieri riuscirà a sopravvivere, ma le numerose proposte di “scambio” da parte del comando della I Divisione Liguria e della Brigata Garibaldi “Menconi” carrarese (comandanta da Alessandro Brucellaria “Memo”) non saranno prese in considerazione. Esse avranno però l’effetto di far comprendere ai fascisti e ai tedeschi l’importanza di Ranieri nel movimento partigiano con conseguenze tutto sommato positive. Infatti, nonostante i numerosi e lunghi interrogatori, Ranieri non sarà torturato (come era prassi in quel periodo nel carcere del XXI) e sarà depennato dalla lista dei prigionieri da fucilare o da deportare. In particolare, un ufficiale tedesco lo prenderà sotto la sua protezione allo scopo di utilizzarlo per garantirsi la salvezza in caso di cattura da parte dei partigiani. Proprio questo ufficiale, in accordo con un inviato del “Memo”, organizzerà pochi giorni prima della liberazione la “fuga” di Ranieri, che, in una macchina tedesca, sarà portato a Lerici e nascosto in una casa di antifascisti. Dopo la liberazione, nel 1946, Paolino Ranieri sarà eletto Sindaco di Sarzana e gestirà la ricostruzione economica, politica e materiale della cittadina, stremata dalla guerra e duramente colpita dall’artiglieria alleata nei giorni della liberazione. Ranieri rimarrà Sindaco quasi senza interruzioni fino al 1971. Ranieri, nonostante fosse un comunista “della vecchia guardia”, non esitò a schierarsi contro l’occupazione della Cecoslovacchia nel ’68 e negli anni settanta, dopo il suo primo viaggio nell’URSS, denunciò il modello sovietico come fallimentare e non realmente comunista. Dopo la conclusione della sua esperienza amministrativa, Ranieri sarà Presidente della Sezione A.N.P.I. di Sarzana e membro del Consiglio Direttivo del Comitato Provinciale della stessa associazione, componente del Consiglio Direttivo del Comitato Provinciale Unitario della Resistenza della Spezia, Presidente Provinciale dell’Associazione Perseguitati Politici Antifascisti e faceva parte del Collegio Centrale dei Sindaci dell’Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi di Guerra. E’ stato ideatore e promotore del Museo Audiovisivo della Resistenza di Fosdinovo, costruito al confine tra le province di Massa-Carrara e La Spezia, in un luogo dove durante la guerra si svolsero duri scontri contro le forze nazifasciste.

Notizie tratte dall’intervista al Museo Audiovisivo della Resistenza di Fosdinovo e da altre fonti. A cura di Maurizio Fiorillo storico, studioso della Resistenza in Lunigiana, già membro del comitato scientifico del Museo.

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