L’antichità medievale e rinascimentale affascina facilmente le nostre menti, assuefatte alla tecnologia e ai comfort della società moderna.

Ci chiediamo in quali modi si manifestassero l’ingegno e la creatività dell’uomo, quando i mezzi a disposizione erano pochi e rudimentali.

Basta ammirare per la prima volta la monumentalità di castelli come il Malaspina di Massa, per rimanere quasi senza fiato: una civiltà così lontana nel tempo è stata in grado di edificare opere che sono arrivate ai giorni nostri.

Eppure, il fascino per un evo remoto deve fare i conti con una considerazione: quell’epoca di dame e cavalieri era anche densa di pericoli, conflitti, fasi di forte instabilità politica.

Non dimentichiamo che la Toscana era un territorio frammentato, oggetto di contese tra signorie e potenze straniere che, talvolta, sfociavano in scontri militari veri e propri.

In alcuni casi i contrasti esplodevano anche all’interno di uno stesso casato.

Avvenne anche nella storia dell’illustre famiglia Malaspina, le cui vicende si legano fortemente alla città di Massa e al castello che porta il loro nome.

In particolare, vorremmo focalizzarci su due emblematiche figure, Ricciarda Malaspina e il figlio Alberico I.

Ricciarda nacque nel 1497 e, nonostante le consuetudini dell’epoca che vedevano il primogenito maschio ereditare i ruoli di potere, alla morte del padre divenne marchesa di Massa e signora sovrana di Carrara. Non aveva infatti fratelli ma solo sorelle ed era la figlia primogenita.

Le cronache dell’epoca giunte a noi ne tracciano un ritratto a tinte fosche, in cui Ricciarda sembra quasi un personaggio di malvagità romanzesca, inquietante nei comportamenti e nell’aspetto.

Alcuni storici la descrivono infatti come una donna curva e magrissima, animata da una brama di potere che la portava a elaborare continuamente intrighi e strategie.

È possibile che la sua figura sia stata “esagerata” e resa quasi caricaturale, alimentando miti e leggende. Per molto tempo divenne addirittura un personaggio negativo dei “maggi”, tradizionali recite accompagnate da musica tipiche del folklore locale.

Tuttavia, la sua spietatezza è almeno in parte storicamente documentata.

Ebbe diversi figli, dei quali due illegittimi e sviluppò una vera e propria avversione nei confronti di Giulio, il terzogenito, al quale preferì sempre il minore, Alberico.

Divenne un’attiva sostenitrice dell’imperatore Carlo V d’Asburgo, guida del Sacro Romano Impero, ottenendo grazie a lui un privilegio raro: poter scegliere liberamente il proprio successore, senza attenersi alla regola che lo individuava nel primogenito maschio.

Poiché suo marito poteva rappresentare un ostacolo a tale decisione, Ricciarda riuscì a farlo interdire dal potere sui feudi malaspiniani, accusandolo di condurre un’esistenza troppo sregolata.

Paradossalmente, lo stesso temperamento incline al vizio era attribuito dai commentatori dell’epoca a Ricciarda e alla sorella Taddea.

Non fu tuttavia questo l’apice degli intrighi e delle lotte di potere scatenati dalla nobildonna.

Infatti il figlio Giulio, mai rassegnato all’idea di non essere il favorito nella successione dinastica, si spinse perfino ad assediare militarmente il castello Malaspina. L’impresa non ebbe però successo.

Ricciarda allora chiese al figlio il pagamento di quarantamila ducati d’oro per riottenere il potere: una somma notevole, che il giovane non aveva e chiese ad Andrea Doria, ammiraglio e nobile della Repubblica di Genova nonché zio di sua moglie. Di fronte al rifiuto di questi, Giulio prese addirittura parte a una congiura per ucciderlo e portare la Repubblica di Genova sotto l’influenza francese.

La congiura, però, fallì: Giulio I Cybo-Malaspina venne così arrestato e condannato a morte per decapitazione a Milano, a soli 23 anni.

Sembra che la madre Ricciarda non si adoperò minimamente per salvarlo, ritenendo forse di trarre addirittura un vantaggio dalla sua dipartita: assicurarsi definitivamente la facoltà di nominare il suo erede preferito.

Quest’ultima scelta ricadde così sul figlio Alberico, che scriverà un capitolo completamente diverso della saga familiare dei Malaspina.

Un capitolo forse non esente da ombre, ma fatto soprattutto di sviluppo, progresso, innovazione profonda della realtà urbana di Massa.

Alberico I Cybo-Malaspina si mostrò infatti un governante illuminato e fece realizzare importanti opere: risanò alcune zone prosciugando paludi, effettuò interventi idraulici sul corso del fiume Frigido, realizzò una cinta muraria attorno alla città. Impreziosì inoltre l’urbe con nuove strade, piazze e fontane.

Incoraggiò e sostenne lo sviluppo delle attività commerciali e artigianali, garantendo ad esempio un’esenzione fiscale ai lavoratori della seta che avviavano la propria attività a Massa.

I Malaspina: dagli intrighi di Ricciarda alle grandi opere di AlbericoNacquero così svariati laboratori dedicati all’arte della lana e della seta, alla fusione dei metalli e alla produzione vetraria.

Con la sua successione alla madre, deceduta per malattia nel 1553, la città passò così dal ruolo di sfondo di sanguinose lotte dinastiche a una prosperità economica moderna e pacifica.

Dicevamo prima che anche la vita di Alberico, tuttavia, non fu priva di risvolti oscuri: alcuni storici ipotizzano che abbia fatto assassinare un certo Paolino Roccolino, che aveva tradito Giulio I Cybo-Malaspina durante la congiura causandone la morte.

Alberico aveva sempre sentito un profondo legame affettivo con il fratello; si era prodigato a lungo per riabilitarne l’immagine, ottenendo di farne seppellire le spoglie nel Duomo di Massa.

Altri commentatori lo accusano inoltre di aver commissionato ad illustri studiosi dell’epoca false attestazioni che glorificassero le radici nobili della famiglia, attraverso ricostruzioni infondate.

Tuttavia, possiamo dire che alla città di Massa il suo governo arrecò grandi benefici, avvicinandola forse per la prima volta alla sua struttura attuale.